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Disordine e regresso

Il verde rappresenta la Foresta Amazzonica, ormai andata quasi completamente in fiamme; il giallo dell’oro, ricchezza di uno dei Paesi più grandi del mondo, esportato dai portoghesi intorno al ‘500, a prezzo di fortissime perdite umane tra le popolazioni indigene, e infine la scritta “ordem e progresso” che domina la parte centrale della bandiera brasiliana, ispirata al motto del filosofo positivista francese Auguste Comte: “L’amore come principio e l’ordine come base; il progresso come scopo“.
Questa è la bandiera del Brasile, paese conosciuto in tutto il mondo per il samba, il carnevale e per le sue meravigliose spiagge. Una bandiera che però non riflette la sua situazione politica e sociale attuale.

Mentre l’Italia “ferita” cantava sui balconi delle sue case con la mano sul petto, in molte città brasiliane, quando già si erano registrati i primi casi di Covid-19 all’interno del Paese, intere famiglie si accostavano alle finestre battendo padelle e pentole e gridando all’unisono una sola frase “Fora Bolsonaro!” (Fuori Bolsonaro!). Nella capitale Brasilia molti sostenitori del presidente Jair Messias Bolsonaro, si sono riversati in strada sostenendo il governo, ignorando tutte le misure di prevenzione, la distanza di sicurezza e l’utilizzo di mascherine.

Allo stesso tempo, sempre nella capitale, a Praça dos Três Poderes, un gruppo di infermieri protestava pacificamente e ordinatamente in difesa dell’isolamento sociale, pressando il governo per l’ applicazione di misure più rigorose. Stringendo tra le mani rosari, i medici ricordavano i loro colleghi morti nel tentativo di salvare i contagiati, ricoverati nei vari ospedali già al collasso dell’intero paese. Il loro silenzio è stato interrotto da un gruppo di sostenitori di Jair Bolsonaro che ha iniziato a offendere verbalmente gli infermieri.
Quella che era iniziata come una manifestazione pacifica si è trasformata in un vero e proprio fiume di persone in lotta: da una parte i camici bianchi degli infermieri, dall’altra le magliette gialle della nazionale brasiliana indossate dai sostenitori del governo.

Il regresso sta proprio nelle decisioni del governo, il quale non ha assolutamente optato per un lock-down nazionale, mettendo in grave pericolo la popolazione. Mentre la nazione poco tempo fa registrava “solo” 10 mila morti su una popolazione di oltre 200 milioni, ora, a seguito delle frasi dello stesso presidente “E daì? Todos vão morrer. Vamos esconder o nùmero dos mortos” (E allora? Tutti moriranno. Nasconderemo il numero dei morti), la popolazione ha preso coraggio e ha deciso di non tacere davanti a questo governo. Con più di 1200 morti al giorno, 800 mila contagi e 41 mila morti accertati, il Brasile è diventato il centro dell’epidemia in America Latina. A Rio de Janeiro, lo scorso 12 giugno, alcuni volontari del collettivo brasiliano “Rio da Paz” muniti con tute protettive, hanno scavato tombe e collocato croci sulla spiaggia di Copacabana, in segno di protesta.

Nel frattempo, a San Paolo, molti tifosi di varie squadre di calcio e gruppi di sinistra antifascista si sono riuniti per protestare in difesa della democrazia e per la vita, accusando il governo brasiliano di fascismo. Gridando solo una cosa:
“Parem de nos matar!” (Smettetela di ucciderci).

L’obiettivo comune di queste rivolte è quello di mettere fine a questo sistema politico governato da forze militari, il quale ha consegnato il Brasile nelle mani di un destino incerto. Queste proteste vengono represse dalla Polizia Militare e Federale: bombe carta e lacrimogeni sui manifestanti sono stati lanciati per placare le insurrezioni, eppure poco è cambiato e la situazione tende a diventare sempre più tesa e complessa.
Terminiamo l’articolo con un estratto da un’intervista di un partecipante alle proteste:

“Loro credono di avere la meglio perché hanno le armi, ma noi abbiamo la forza del popolo. E il popolo sta capendo che ha il potere, anche durante una pandemia, di fermare l’economia e l’intero Brasile. Una dittatura non nasce da un giorno all’altro. È un processo di azioni e discorsi. E il popolo è disposto a lottare per le strade, in difesa della democrazia”.

Di Adriana Laterza

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